Casellario - Storia

aggiornamento: 15 aprile 2014

L’istituto del casellario giudiziale ha le sue radici nel diritto romano: nel Pro Cluentio, Cicerone  riporta che "haerebat in tabulis publicis reus et accusator" (veniva indicato in tavole pubbliche il nome dell'accusato e dell'accusatore); Plauto, nella commedia Rudens, cita l’esistenza di pubblici archivi, in forma di tabulae, nelle quali era uso registrare i nomi di chi era accusato di crimini e di chi denunciava.

A partire dal XII secolo, in alcuni Stati era conservata notizia delle condanne infamanti o comportanti incapacità a rivestire cariche pubbliche.

La materia del casellario fu organicamente disciplinata per la prima volta dal Codice d’istruzione criminale napoleonico del 1808, in cui si disponeva l’obbligo, per ciascun cancelliere di tribunale e di corte d’assise, di registrare le generalità dei condannati, i reati, la pena inflitta e di inviare ogni tre mesi una copia dei registri al Ministro della giustizia e della polizia.

Tale sistema di raccolta di informazione sui precedenti penali venne riprodotto in Italia prima, nel 1858, nel Regno delle Due Sicilie, poi, con Regio Decreto 6 dicembre 1865 n. 2644, in tutto il Regno d’Italia.

Presso ogni tribunale correzionale era presente un ufficio del casellario giudiziale, nel quale venivano raccolte e conservate in estratto le decisioni di condanna a pena criminale, correzionale o per furto campestre, nonché i provvedimenti di proscioglimento con formula diversa dall’inesistenza del fatto o del reato, emesse dai tribunali ordinari, divenute irrevocabili, concernenti le persone nate nel territorio soggetto alla giurisdizione del tribunale stesso.

All'interno del Ministero di grazia e giustizia venne istituito un ufficio del casellario centrale in cui venivano conservate in estratto tutte le decisioni riferite a persone straniere o di origine sconosciuta.

L’intera materia venne coordinata con il codice penale del 1889 e  riformata poi con L. 10 dicembre 1899. In virtù di tale riforma fu introdotta la compilazione del cartellino, che doveva essere redatto entro quindici giorni da quando la sentenza era divenuta irrevocabile, e inoltrato al Procuratore del re presso il tribunale del territorio di nascita della persona oggetto della annotazione o, nei casi di sua competenza, all'ufficio del casellario centrale. Ricevuto il cartellino l’ufficio del casellario lo registrava in un repertorio, alfabetico, di 'controlleria' e lo collocava nella cassetta, in corrispondenza della relativa lettera. In caso di rilascio di un certificato del casellario giudiziale, veniva riportata la notizia nel registro dei certificati.

Il rilascio dei certificati avveniva: da parte del Procuratore del re, se richiesti da pubbliche amministrazioni o privati; a cura del cancelliere del tribunale, se richiesti dall'autorità giudiziaria. I certificati non erano la riproduzione di tutto ciò che veniva conservato in atti, ma dovevano essere il frutto di un'attenta cernita tra ciò che era certificabile e ciò che non lo era. Inoltre era possibile chiedere il certificato di terzi solo in casi circoscritti ad un elenco tassativo: produzione in giudizio, ragioni di elettorato, adempimenti relativi a pubblici uffici.

Il Regio decreto n. 107 del 1902 ampliò le funzioni dell'ufficio centrale dipendente dal Ministero di grazia e giustizia: provvedere al regolare funzionamento degli uffici locali e svolgere funzioni di statistica giudiziaria. Per poter adempiere a questa nuova funzione di memoria archivistica, fu prevista la conservazione presso il casellario centrale di tutte le informazioni che non dovevano essere conservate negli uffici periferici, oltre a copia di ogni cartellino conservato presso tali uffici.

Così i cartellini dovevano essere redatti in duplice copia: una per l'ufficio di competenza territoriale ed uno per l'ufficio centrale. Venne introdotta la competenza del casellario del tribunale Roma per le schede riguardanti gli stranieri, e in questi casi la redazione di un terzo cartellino che, nel rispetto di numerose convenzioni internazionali andava inviato al Ministero di grazia e giustizia e, da questo, allo stato estero di appartenenza del condannato. Fu introdotta la cancellazione dei cartellini, per non intasare gli archivi, a seguito di morte del loro titolare o a seguito del decorso del tempo:

  • al compimento degli ottanta anni degli iscritti;
  • dopo dieci anni dalla data dei provvedimenti di proscioglimento e delle condanne contumaciali;
  • dopo cinque da quando la pena è eseguita per le contravvenzioni;
  • dopo cinque anni dalla revoca per provvedimenti in materia civile o commerciale;

Nella prima metà del 1900 la normativa del casellario fu soggetta a frequenti aggiornamenti.

Il codice di procedura penale del 1913 permise oltre all'autorità giudiziaria anche alle pubbliche amministrazioni, sia civili che militari, di ottenere il certificato con tutte le informazioni presenti negli archivi a nome di un dato cittadino, nel caso in cui queste avessero avuto bisogno di verificare l'inesistenza di determinate iscrizioni a carico di un soggetto designato beneficiario di un titolo, un incarico o di un diritto.

Nel 1931 con il Regio decreto n. 778 e il Decreto ministeriale 6 Ottobre 1931 gli uffici territoriali del casellario vennero trasferiti dai Tribunali alle Procure e furono impartite istruzioni dettagliate per l’inserimento oltre che dei provvedimenti principali (nelle “schede”) anche dei provvedimenti dell’esecuzione (nei “fogli complementari”).

Tutta la materia del casellario giudiziale è poi confluita in un testo unico, con D.P.R. n. 313 del 14 novembre 2002.

Tale testo unico, oltre che disciplinare tutto ciò che concerne la materia del casellario, ha introdotto la novità della visura, con la quale l’interessato ha diritto di conoscere, senza efficacia certificativa, tutte le iscrizioni a suo carico, ed ha istituito l’anagrafe delle sanzioni amministrative per gli enti.

Inoltre con il testo unico è stato dato riconoscimento normativo al sistema informativo del casellario, dettando i principi del suo funzionamento.

Il sistema Informativo del casellario era nato infatti intorno alla fine degli anni ottanta da un progetto del Ministero della Giustizia di automazione dei casellari, che prevedeva la memorizzazione su supporto magnetico degli archivi cartacei presenti in ogni casellario giudiziale. In ogni Casellario fu installato un terminale video scrivente collegato con i computer del sistema informativo del Casellario dislocati presso le sedi decentrate di Milano, Genova, Firenze, Roma, Napoli e Palermo. Il database, prima distribuito su sei sedi, poi accentrato, ha consentito la certificazione a livello nazionale: per avere un certificato di un soggetto ci si poteva rivolgere a qualunque ufficio locale.

All’inizio del processo di informatizzazione è stato necessario l’uso di codifiche alfanumeriche che gli operatori dovevano memorizzare. Con l’evoluzione delle tecnologie si è proceduto verso strumenti più semplici, che hanno condotto all’attuale sistema informativo, all'esito di un percorso in cui si sono succeduti diversi sistemi (gerarchici, relazionali) e diverse reti (locali, web).

Tuttora il sistema informativo è in continua trasformazione, verso l’interconnessione con altri sistemi, per consentirne l’alimentazione automatica e la consultazione telematica e per la produzione e lo scambio di servizi informativi anche oltre le frontiere nazionali.

 

 

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