XVIII LEG – ddl - Ratifica Protocolli aggiuntivi Convenzione europea assistenza giudiziaria penale ed estradizione

aggiornamento: 28 maggio 2019

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 20 marzo 2019

Schema di disegno di legge recante: “Ratifica ed esecuzione dei seguenti Protocolli: a) Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, fatto a Strasburgo l'8 novembre 2001; b) Terzo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione, fatto a Strasburgo il 10 novembre 2010; c) Quarto Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione, fatto a Vienna il 20 settembre 2012”.”

 

Relazione illustrativa


Indice


Art. 1 - Autorizzazione alla ratifica
Art. 2 - Ordine di esecuzione
Art. 3 - Dichiarazioni e riserve
Art. 4 - Disposizioni di adeguamento
Art. 5 - Disposizioni finanziarie
Art. 6 - Entrata in vigore


Art. 1
(Autorizzazione alla ratifica)

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare i seguenti Protocolli:
    1. Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, fatto a Strasburgo l'8 novembre 2001;
    2. Terzo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione, fatto a Strasburgo il 10 novembre 2010;
    3. Quarto Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione, fatto a Vienna il 20 settembre 2012.

Art. 2
(Ordine di esecuzione)

  1. Piena ed intera esecuzione è data ai Protocolli di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della loro entrata in vigore, in conformità a quanto disposto, rispettivamente, dall'articolo 30 del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), dall'articolo 14 del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), e dall'articolo 9 del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c).

Art. 3
(Dichiarazioni e riserve)

  1. Al momento del deposito dello strumento di ratifica, il Governo rende le dichiarazioni ai sensi degli articoli 4, paragrafo 5, e 5, paragrafo 1, lettera b), del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), e appone le riserve di cui agli articoli 10, paragrafo 3, e 21, paragrafo 5, della Convenzione europea di estradizione, come modificati dagli articoli 1 e 5 del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c).

Art. 4
(Disposizioni di adeguamento)

  1. Nei casi previsti dagli articoli 18, 19 e 20 del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 16 e 18 del decreto legislativo 5 aprile 2017, n. 52.

Art. 5
(Disposizioni finanziarie)

  1. Agli oneri derivanti dalle spese di missione di cui gli articoli 3, 5, 12, 13, 14, 17, 18, 19, 20 e 24 del Protocollo addizionale di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), valutati in euro 58.311 annui a decorrere dall'anno 2019, e dalle rimanenti spese di cui agli articoli 5, 9 e 15, pari a euro 16.750 annui a decorrere dall'anno 2019, nonché agli oneri derivanti dalle spese di missione di cui all'articolo 9 del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), e all'articolo 4 del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), valutati in euro 27.382 annui a decorrere dall'anno 2019, e dalle rimanenti spese di cui ai citati articoli, pari a euro 4.000 annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019 – 2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 6
(Entrata in vigore)

  1.  La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

Relazione illustrativa

Con il presente disegno di legge il Governo chiede alle Camere l'autorizzazione alla ratifica dei seguenti Protocolli:

  1. Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, fatto a Strasburgo l'8 novembre 2001;
  2. Terzo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione, fatto a Strasburgo il 10 novembre 2010;
  3. Quarto Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione, fatto a Vienna il 20 settembre 2012.

La Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, di seguito denominata «Convenzione», costituisce una delle principali basi legali nel campo dell'estradizione cioè del procedimento con cui uno Stato provvede alla consegna forzata di un individuo ricercato a un altro Stato, ai fini del perseguimento penale o dell'esecuzione di una pena detentiva.

Il campo di applicazione della Convenzione riguarda tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa, oltre a Israele, Sudafrica e Corea del Sud.

La Convenzione è stata uno dei primi trattati internazionali a disciplinare la procedura di estradizione a livello multilaterale.

A metà del 2000, la collaborazione sempre più stretta nel campo del perseguimento dei reati, in particolare in ambito europeo, ha spinto il Consiglio d'Europa a modernizzare i propri strumenti in materia di estradizione e di assistenza giudiziaria. Il Comitato europeo per i problemi criminali (CDPC) ha così incaricato il Comitato di esperti sul funzionamento delle Convenzioni europee sulla cooperazione in materia penale di elaborare due nuovi protocolli addizionali alla Convenzione.

Nell'ottobre 2009 e nel giugno 2011, il CDPC ha approvato il testo dei protocolli e del relativo rapporto esplicativo. Il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa ha adottato il Terzo Protocollo addizionale il 7 luglio 2010 e il Quarto Protocollo addizionale il 13 giugno 2012, aprendoli alla firma per gli Stati membri della Convenzione rispettivamente il 10 novembre 2010 e il 20 settembre 2012.

Secondo l'articolo 14, paragrafo 2, il Terzo Protocollo addizionale entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi a decorrere dalla data di deposito del terzo strumento di ratifica, accettazione o approvazione.

La stessa regola è prevista anche all'articolo 9, paragrafo 2, del Quarto Protocollo addizionale.

In particolare, il Terzo Protocollo addizionale è entrato in vigore il 1° maggio 2012, mentre il Quarto Protocollo addizionale è entrato in vigore il 1° giugno 2014.

L'Italia ha sottoscritto entrambi i Protocolli il 23 gennaio 2013.

Contenuto in sintesi dei Protocolli.

I due nuovi Protocolli addizionali sono intesi a semplificare e accelerare la procedura di estradizione.

Il Terzo Protocollo del 10 novembre 2010 crea le basi legali che accelerano e deformalizzano la procedura di estradizione: l'individuo arrestato può essere consegnato senza domanda e procedura formale di estradizione a uno Stato estero ai fini del perseguimento penale o dell'esecuzione di una pena detentiva, a condizione che l'individuo stesso e lo Stato interessato acconsentano alla procedura semplificata (articoli 1 – 4). Al tempo stesso, l'individuo può rinunciare anche alla regola della specialità (articolo 5). Queste disposizioni consentono alla Parte richiedente di giudicare altri reati, commessi anteriormente all'estradizione.

Il Quarto Protocollo addizionale del 20 settembre 2012 modifica e completa alcune disposizioni della Convenzione. Le norme sulla prescrizione in quanto ostacolo all'estradizione (articolo 1), sulla trasmissione della domanda e degli atti a sostegno (articolo 2), sulla regola della specialità in caso di domanda suppletiva (articolo 3), sulla riestradizione (articolo 4) e sul transito (articolo 5) vengono adeguate alle odierne esigenze.

In particolare, il Quarto Protocollo addizionale razionalizza i termini o ne introduce di nuovi. Inoltre, prevede anche la possibilità, a determinate condizioni, di trasmettere la domanda e gli atti di estradizione per via elettronica (articolo 6). Tutto ciò facilita il lavoro delle autorità coinvolte e aumenta la probabilità che gli atti di estradizione vengano consegnati entro i termini.

I Protocolli addizionali contengono regolamentazioni che in larga misura sono già previste dal diritto nazionale e, pertanto, non comportano la necessità di adeguamenti legislativi. Si illustrano di seguito le suddette disposizioni.

Terzo Protocollo

Art. 1. Obbligo di estradizione in procedura semplificata.

Questo articolo contiene la principale novità introdotta dal Terzo Protocollo addizionale. Le Parti contraenti si obbligano a estradare reciprocamente gli individui ricercati in procedura semplificata se l'individuo interessato e la Parte richiesta acconsentono all'applicazione di tale procedura.

Art. 2. Avvio della procedura.

Il paragrafo 1 prevede che l'estradizione può essere messa in atto in procedura semplificata. Esso stabilisce che, nell'ambito della procedura di estradizione semplificata, la presentazione di una domanda formale di estradizione non è di principio più necessaria. Su questa disposizione è possibile formulare una riserva. Gli Stati possono dichiarare inapplicabile in tutto o in parte il paragrafo 1 e richiedere in tutti o in singoli casi la presentazione di una domanda formale di estradizione.

Art. 3. Obbligo di informare l'interessato.

Questo articolo garantisce che la persona perseguita venga subito informata dei motivi dell'arresto, come pure della possibilità di applicare la procedura di estradizione semplificata.

Art. 4. Consenso all'estradizione.

Questo articolo disciplina, ai paragrafi 1 – 4, i requisiti formali per la validità del consenso all'estradizione semplificata e della rinuncia alla regola della specialità. Secondo il paragrafo 5, le Parti contraenti possono dichiarare, in particolare all'atto del deposito dello strumento di ratifica, che il consenso all'estradizione e la rinuncia alla regola della specialità sono revocabili fino a un determinato momento.

Art. 5. Rinuncia all'applicazione della regola della specialità.

La regola della specialità stabilisce che l'individuo consegnato non può essere né perseguito né giudicato, né detenuto in vista dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, né sottoposto ad altre restrizioni della sua libertà personale per un fatto qualsiasi anteriore alla consegna che non sia quello che ha motivato l'estradizione.

Secondo la lettera b), le Parti contraenti possono dichiarare che la protezione della regola della specialità secondo l'articolo 14 della Convenzione decada qualora la persona perseguita dia il proprio consenso all'estradizione e rinunci espressamente alla protezione della regola della specialità.

Art. 6. Notificazioni in caso di arresto provvisorio.

In caso di arresto provvisorio, lo Stato richiesto deve comunicare al più presto allo Stato richiedente e, comunque, non oltre dieci giorni dalla data dell'arresto della persona perseguita penalmente se questa persona ha dato il suo consenso all'estradizione. Inoltre, se decide di non procedere all'estradizione semplificata nonostante il consenso della persona interessata, deve tempestivamente informare la Parte richiedente.

Art. 7. Notificazione della decisione.

Questo articolo introduce un'ulteriore misura per l'accelerazione della procedura.

Qualora una persona perseguita acconsenta all'estradizione semplificata, la Parte richiesta deve decidere in merito all'estradizione entro venti giorni dal momento del consenso e notificare la decisione alla Parte richiedente.

Art. 8. Mezzi di comunicazione.

Questo articolo funge da base per la trasmissione per via elettronica delle comunicazioni previste dal Terzo Protocollo addizionale. Si tratta di una norma non vincolante.

La Parte può sempre essere richiesta di fornire l'originale o una copia certificata conforme degli atti di estradizione.

La possibilità e le modalità di trasmissione delle domande formali di estradizione per via elettronica tra gli Stati membri dipendono fondamentalmente dal fatto che gli stessi riescano ad accordarsi in merito ai requisiti di sicurezza.

In quest'ambito va menzionata in particolare l'iniziativa e-Extradition con cui l'INTERPOL intende fornire agli Stati uno strumento per la trasmissione sicura e autenticabile per via elettronica degli atti di estradizione.

Art. 9. Consegna dell'estradato.

Secondo questo articolo, l'individuo estradato va consegnato al più presto, preferibilmente entro dieci giorni dalla data della notificazione della decisione di estradizione.

Il termine è nuovo rispetto alla Convenzione, poiché questa stabilisce unicamente che la Parte richiesta deve comunicare alla Parte richiedente la sua decisione sull'estradizione e informarla del luogo e della data di consegna.

Art. 10. Consenso dato dopo la scadenza del termine previsto all'articolo 6.

Questo articolo disciplina la procedura nel caso in cui, dopo l'arresto provvisorio, l'individuo arrestato non abbia tempestivamente acconsentito all'estradizione semplificata e la domanda formale di estradizione non sia ancora stata presentata.

In tal caso, la tardività del consenso non deve essere d'ostacolo alla procedura di estradizione semplificata. Se una persona acconsente alla propria estradizione dopo la scadenza del termine di dieci giorni previsto dall'articolo 6, la Parte richiesta applicherà comunque la procedura di estradizione semplificata secondo il Terzo Protocollo addizionale, finché non le sarà giunta una domanda formale di estradizione, secondo l'articolo 12 della Convenzione.

Art. 11. Transito.

Per transito si intende il trasferimento della persona perseguita attraverso il territorio di una Parte contraente, nell'ambito della sua estradizione tra due Parti contraenti terze. Anche per la domanda di transito vanno di principio trasmesse soltanto le informazioni richieste per la procedura di estradizione semplificata secondo l'articolo 2, paragrafo 1, del Terzo Protocollo addizionale.

La Parte a cui è chiesto di concedere il transito può comunque richiedere informazioni complementari, qualora non considerasse sufficienti le informazioni ricevute.

Articoli da 12 a 19.

In questi articoli il Terzo Protocollo addizionale contiene le consuete disposizioni finali relative alla relazione del Protocollo con la Convenzione e con gli altri accordi internazionali, alla composizione amichevole, alla firma e all'entrata in vigore, all'adesione, all'applicazione territoriale, alle dichiarazioni e alle riserve, alla denuncia e alle notificazioni.

Quarto protocollo.

Art. 1. Prescrizione.

Il paragrafo 1 stabilisce che la prescrizione può impedire l'estradizione solamente se il reato è prescritto secondo il diritto dello Stato richiedente e modifica con ciò l'articolo 10 della Convenzione. Ai sensi del paragrafo 2, l'estradizione non può di principio essere rifiutata invocando che l'azione penale o l'esecuzione della pena è prescritta secondo il diritto dello Stato richiesto. Con questa disposizione il Quarto Protocollo addizionale recepisce gli sviluppi intervenuti negli accordi multilaterali e bilaterali di estradizione di numerosi Stati.

La disciplina prevista dai paragrafi 1 e 2 può, tuttavia, essere oggetto di una riserva. Ai sensi del paragrafo 3, lettera a), è possibile formulare una riserva generale con riferimento a tutti i reati sui quali lo Stato richiesto ha esso stesso giurisdizione penale.

Art. 2. Domanda e atti a sostegno.

Nel paragrafo 1 questo articolo introduce una novità rispetto alla vigente normativa, in quanto stabilisce che le domande di estradizione non devono più essere necessariamente presentate per via diplomatica o attraverso i Ministeri di giustizia.

Le Parti contraenti possono designare, mediante dichiarazione, altre autorità competenti a presentare e ricevere le domande di estradizione.

Se gli Stati non formulano dichiarazioni contrarie, le domande di estradizione sono di spettanza dei Ministeri di giustizia. La nuova norma tiene conto del fatto che in alcuni Stati contraenti non è il Ministero di giustizia a presentare o ricevere le domande di estradizione, bensì un'altra autorità, ad esempio la procura generale.

Il paragrafo 2 prevede, inoltre, che l'articolo 5 del Secondo Protocollo addizionale è inapplicabile tra gli Stati contraenti del Quarto Protocollo addizionale.

La trasmissione per via diplomatica è pertanto esclusa.

Art. 3. Regola della specialità.

Il Quarto Protocollo addizionale modifica la regola della specialità prevista all'articolo 14 della Convenzione, con riferimento alle domande di estensione del perseguimento ad altri reati commessi prima dell'estradizione (cosiddetta «domanda suppletiva»).

La funzione del paragrafo 1 consiste soprattutto nell'introdurre termini o rafforzare i termini vigenti affinché si possa rapidamente chiarire se la regola della specialità può essere eventualmente infranta e se lo Stato in cui un individuo è stato estradato può avviare un procedimento penale nei confronti di tale individuo anche per altri reati.

Il paragrafo 2, lettera a), stabilisce, inoltre, che la regola della specialità non impedisce che nello Stato richiedente vengano condotti accertamenti nei confronti dell'estradato se tali accertamenti non limitano la sua libertà personale.

Di particolare interesse è il paragrafo 3, introdotto nel Protocollo per evitare lacune nel perseguimento penale in determinate situazioni.

In virtù di questo paragrafo, una Parte contraente può, mediante dichiarazione, consentire che la Parte richiedente contravvenga alla regola della specialità e limiti la libertà dell'individuo perseguito. La possibilità di limitare la libertà dell'individuo perseguito presuppone la reciprocità: la controparte deve a sua volta avere formulato un'analoga dichiarazione. Inoltre la Parte richiedente deve, contestualmente all'ordine di limitazione della libertà o successivamente, presentare alla Parte richiesta una domanda suppletiva ai sensi del paragrafo 1, lettera a), e quest'ultima deve averne a sua volta confermata la ricezione. Questa norma è concepita per disciplinare la seguente situazione: uno Stato chiede l'estradizione di un individuo per perseguirlo per un determinato reato. L'individuo viene consegnato e viene condotta un'inchiesta penale. Nel corso dell'inchiesta i sospetti iniziali non vengono corroborati, ma emergono comunque prove del coinvolgimento dell'estradato in un altro reato, anche più grave. Per non violare la regola della specialità, l'estradato dovrebbe, quindi, essere scarcerato prima che lo Stato richiesto abbia la possibilità di acconsentire all'estensione dell'inchiesta penale per questa nuova fattispecie. Di conseguenza, l'individuo perseguito potrebbe sottrarsi con la fuga a un nuovo procedimento penale. La norma introdotta al paragrafo 3 permette di eliminare questo rischio: l'estradato può essere trattenuto in arresto se la Parte richiedente presenta direttamente una domanda suppletiva per la nuova fattispecie. Il paragrafo 4 conferma, infine, la disciplina attualmente prevista all'articolo 14, paragrafo 3, della Convenzione, ai sensi del quale se la qualificazione data al fatto incriminato è modificata nel corso della procedura l'individuo estradato sarà perseguito e giudicato soltanto nella misura in cui gli elementi costitutivi del reato nuovamente qualificato permettono l'estradizione.

Art. 4. Riestradizione a uno Stato terzo.

Il nuovo paragrafo 2 introduce un termine di novanta giorni entro cui la Parte richiesta deve decidere se può acconsentire alla riestradizione dell'estradato verso uno Stato terzo.

Art. 5. Transito.

Il paragrafo 1 stabilisce che il transito va di principio consentito, salvo se l'estradizione si fonda su reati che secondo il diritto della Parte richiesta sono di natura politica o puramente militare. Il paragrafo 2 descrive il contenuto di una domanda di transito. I paragrafi 3 e 4 disciplinano questioni di applicazione che possono sorgere nell'ambito del transito.

Il paragrafo 5 consente comunque di emettere su questa disposizione una riserva.

Il paragrafo 6 conferma, infine, la disciplina attualmente prevista all'articolo 21, paragrafo 6, della Convenzione, che vieta il transito attraverso il territorio di uno Stato nel quale i diritti umani dell'estradato potrebbero essere minacciati.

Art. 6. Canali e mezzi di comunicazione.

La novità prevista dall'articolo 6 si ispira all'articolo 8 del Terzo Protocollo addizionale.

Gli atti dell'estradizione potranno in futuro essere trasmessi per via elettronica, a patto che la Parte richiesta possa accertare l'autenticità dei documenti.

Gli originali o una copia conforme verranno inviati solo a richiesta.

L'articolo 6 incide, dunque, sui canali e sui mezzi di comunicazione utilizzati nella procedura di estradizione e concerne numerosi articoli della Convenzione.

La trasmissione degli atti di estradizione per via elettronica permette non solo di raggiungere un alto grado di certezza riguardo al rispetto dei termini, ma anche di ridurre gli oneri amministrativi per le autorità coinvolte.

In questo contesto, il paragrafo 3 conferisce a una Parte contraente il diritto di richiedere gli originali della domanda e degli atti a sostegno, come pure del consenso alla rinuncia alla regola di specialità.

Articoli da 7 a 15.

In questi articoli il Quarto Protocollo addizionale contiene le consuete disposizioni finali relative alla relazione del Protocollo con la Convenzione e con gli altri accordi internazionali, alla composizione amichevole, alla firma e all'entrata in vigore, all'adesione, all'applicazione temporale e territoriale, alle dichiarazioni e riserve, alla denuncia e alle notificazioni.

Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale.

La Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 è entrata in vigore il 12 giugno 1962.

Nel 1978, la Convenzione è stata completata con un primo Protocollo addizionale che estende l'assistenza giudiziaria ai reati fiscali.

Essa costituisce il primo strumento internazionale che codifica le norme di assistenza giudiziaria sviluppatesi nel corso del tempo sulla base della prassi internazionale. Prima di questa Convenzione, singole norme di assistenza giudiziaria erano contenute in accordi bilaterali di estradizione.

Oggi la Convenzione riunisce tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa, nonché il Brasile, il Cile, Israele, la Corea del Sud e il Sud Africa.

Poiché la Convenzione del 1959 non rispondeva più alle mutate esigenze imposte dalle forme moderne di criminalità, nel 1995 il Comitato di esperti del Consiglio d'Europa, incaricato di esaminare regolarmente il funzionamento e l'applicazione degli strumenti penali europei (Comité d'experts sur le fonctionnement des conventions européennes dans le domaine pénal) giunse alla conclusione che occorreva elaborare un Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione, per risolvere i problemi esistenti in materia di assistenza giudiziaria.

In occasione dell'elaborazione del nuovo strumento, il Comitato di esperti ha tenuto conto degli sviluppi in seno all'Unione europea, la quale, parallelamente al Consiglio d'Europa, stava preparando una Convenzione di assistenza giudiziaria destinata agli Stati membri dell'Unione.

Il 19 settembre 2001 il Comitato dei ministri ha adottato il Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, aprendolo alla firma.

L'8 novembre 2001, il Secondo Protocollo addizionale è stato aperto alla firma degli Stati che avevano aderito alla Convenzione o che l'avevano firmata.

Esso è entrato in vigore il 1° febbraio 2004 (ai sensi dell'articolo 30, paragrafo 2, del Protocollo, tale strumento internazionale entrerà in vigore il primo giorno del mese seguente alla scadenza di un periodo di tre mesi dal deposito del terzo strumento di ratificazione, accettazione o approvazione).

L'Italia ha firmato il Protocollo il 23 gennaio 2013.

Il Consiglio d'Europa, come si è detto, ha elaborato il Secondo Protocollo addizionale tenendo ampiamente conto delle norme di assistenza giudiziaria adottate nel frattempo dall'Unione europea. Tali norme si trovano nella Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria dell'Unione europea del 29 maggio 2000 (MAP) e nella Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 19 giugno 1990. Numerose disposizioni del Secondo Protocollo addizionale, che rappresentano una novità rispetto alla Convenzione del 1959, si ispirano alle norme di queste due Convenzioni (ad esempio l'audizione mediante videoconferenza o conferenza telefonica, la trasmissione spontanea di informazioni, la restituzione dei beni ottenuti attraverso reati, l'osservazione transfrontaliera, la consegna sorvegliata, le operazioni di infiltrazione, le squadre investigative comuni, la responsabilità penale e civile riguardo ai funzionari).

Dal punto di vista formale, il Secondo Protocollo addizionale è suddiviso in tre capitoli.

Il capitolo I contiene le disposizioni che sostituiscono o completano diversi articoli della Convenzione del 1959 (articoli 1 – 6), il capitolo II raggruppa le disposizioni nuove (articoli 7 – 29) e il capitolo III contiene le disposizioni finali (articoli 30 – 35).
Dal punto di vista materiale, il Secondo Protocollo non modifica il tenore della Convenzione del 1959. Le dichiarazioni e le riserve restano valide a meno che non siano ritirate.

Si illustrano di seguito le disposizioni dello strumento internazionale in esame.

Art. 1. Campo d'applicazione.

Questo articolo modifica l'articolo 1 della Convenzione. Al paragrafo 1 sono state aggiunte le parole «e nel termine più breve». Tale aggiunta sottolinea l'importanza e il carattere urgente dell'assistenza giudiziaria internazionale.

Essa obbliga lo Stato richiesto a trattare le domande di assistenza giudiziaria con celerità.

Il paragrafo 3 estende il campo d'applicazione – attualmente limitato ai procedimenti penali pendenti dinanzi a un'autorità giudiziaria – ai reati perseguiti da un'autorità amministrativa.

La formulazione, che riprende quella dell'articolo 49, lettera a), della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, tiene conto del fatto che lo stesso reato è perseguito in alcuni Stati da un'autorità penale e in altri da un'autorità amministrativa (è il caso segnatamente delle violazioni in materia di circolazione stradale).

Le condizioni necessarie per la cooperazione con un'autorità amministrativa sono soddisfatte quando quest'ultima può condurre inchieste relative a un reato e proporre, una volta terminata l'inchiesta, l'apertura di un procedimento giudiziario suscettibile di sfociare in una condanna penale.

Il paragrafo 4 estende il campo di applicazione della Convenzione ai procedimenti penali contro persone giuridiche. Una domanda di assistenza giudiziaria non può più essere rifiutata per il solo motivo che il diritto dello Stato richiesto non preveda la responsabilità penale delle persone giuridiche.

Art. 2. Presenza di autorità della Parte richiedente.

L'articolo 2 prevede che le persone partecipanti al procedimento straniero possano assistere all'esecuzione della commissione rogatoria, quando lo Stato richiedente esige la presenza di tali persone perché ritenuta utile ai fini del procedimento.

Art. 3. Trasferimento temporaneo di persone detenute nel territorio della Parte richiedente.

Tale disposizione sostituisce l'articolo 11 della Convenzione, la cui applicazione pratica cagionava alcuni problemi. Conformemente al testo attuale dell'articolo 11, le persone detenute nello Stato richiesto possono essere trasferite nello Stato richiedente soltanto in due casi, ovvero quando lo Stato richiedente domanda la loro comparizione in qualità di teste o per un confronto nel quadro di un procedimento penale. Tale campo di applicazione si è rivelato troppo limitato. La regolamentazione attuale non copre segnatamente il caso in cui la persona detenuta deve comparire nello Stato richiedente per rispondere di fatti per i quali è perseguita penalmente. Se a tale persona non viene concessa la possibilità di essere presente nello Stato richiedente, il procedimento penale potrebbe essere rallentato o bloccato. Per tale motivo si è imposta una disposizione con un campo d'applicazione più ampio di quello attuale.

La nozione «a scopo d'istruttoria» nel paragrafo 1 tiene conto di questa esigenza della prassi. La comparizione ai fini della sentenza è espressamente esclusa per evitare di fare confusione con l'estradizione. L'estradizione, che consiste nel trasferimento di una persona in vista di una decisione penale o dell'esecuzione di una pena, non è quindi coperta dalla disposizione. Il trasferimento di una persona detenuta in virtù dell'articolo 3 è possibile unicamente nella fase dell'istruzione che precede la sentenza.
La disposizione si applica sia ai cittadini degli Stati contraenti sia a quelli di altri Paesi.

Art. 4. Vie di comunicazione.

In virtù del paragrafo 1, le domande di assistenza giudiziaria possono essere trasmesse direttamente all'autorità giudiziaria della Parte richiesta e rispedite per la stessa via. Di conseguenza, le domande non devono più essere trasmesse ai Ministeri di giustizia, anche se tale via di trasmissione rimane aperta.

Si prevede, altresì, la possibilità di scambi diretti per le domande di assistenza giudiziaria delle autorità amministrative, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 3.

La via diretta è aperta anche per le domande di consegna sorvegliata e di operazioni di infiltrazione, nonché per le domande di estratti del casellario giudiziale (paragrafi 4 – 6). In casi urgenti, la trasmissione può essere effettuata per il tramite dell'Organizzazione internazionale di polizia criminale (Interpol) (paragrafo 7).

Secondo il paragrafo 9, è possibile, a determinate condizioni, ricorrere a mezzi moderni di telecomunicazione per la trasmissione di domande di assistenza giudiziaria e di altre comunicazioni. Tale forma di comunicazione (ad esempio fax, posta elettronica) presuppone, tuttavia, che l'autorità richiedente sia pronta a produrre, in qualsiasi momento, l'originale della domanda o del documento trasmesso, come pure una traccia scritta della trasmissione. Un ulteriore limite è dato dal fatto che ogni Stato può dichiarare a quali condizioni è disposto ad accettare le domande e le comunicazioni trasmesse per via elettronica o qualsiasi altro mezzo di telecomunicazione.

Art. 5. Spese.

Le disposizioni relative alle spese di cui all'articolo 20 della Convenzione sono sostituite da una nuova regolamentazione più completa.

L'articolo 5 mantiene il principio della gratuità dell'assistenza giudiziaria.

Il paragrafo 1 deroga a tale principio quando si tratta di spese cagionate dall'intervento di periti (lettera (a)) o dal trasferimento di persone detenute (lettera (b)) nonché di spese importanti o straordinarie, vale a dire che derivano da una domanda che supera i limiti usuali (lettera (c)). Secondo il paragrafo 2, lo Stato richiedente deve altresì assumersi tutti i costi legati alle videoconferenze, a meno che le Parti non convengano altrimenti.

Il paragrafo 3 invita le Parti a convenire in anticipo le condizioni di pagamento delle spese importanti o straordinarie di cui al paragrafo 1.

Art. 6. Autorità giudiziarie.

Concerne l'indicazione delle autorità giudiziarie da parte degli Stati contraenti.

Art. 7. Esecuzione differita delle domande.

Questo articolo completa l'articolo 19 della Convenzione e permette non soltanto di rifiutare l'assistenza giudiziaria, ma anche di differire l'esecuzione della domanda, di eseguire la domanda soltanto in parte o di vincolare l'esecuzione della stessa a determinate condizioni.

Art. 8. Procedura.

L'articolo 3 della Convenzione prevede che le domande di assistenza giudiziaria siano trattate conformemente alla procedura dello Stato richiesto.

L'articolo 8 del Secondo Protocollo addizionale attenua leggermente tale principio.

In effetti, esso prevede che lo Stato richiesto, in determinati casi, debba rispettare le modalità della procedura estera per eseguire una domanda di assistenza giudiziaria.
L'applicazione del diritto procedurale estero è limitata: la formalità richiesta dallo Stato richiedente deve basarsi su una disposizione giuridica interna e non deve essere contraria ai princìpi fondamentali del diritto dello Stato richiesto. Inoltre, tale disposizione può essere invocata soltanto nella misura in cui il Secondo Protocollo addizionale non preveda espressamente che una domanda debba essere eseguita conformemente alla legislazione dello Stato richiesto. Ciò è il caso, ad esempio, per la consegna sorvegliata (articolo 18, paragrafo 3).

Art. 9. Audizione mediante videoconferenza.

Questo articolo riprende in larga misura l'articolo 10 della Convenzione. L'articolo 9 mira a superare le difficoltà che possono emergere nel quadro di procedimenti penali qualora sia inopportuno o impossibile che la persona interessata che si trova in uno Stato compaia personalmente all'audizione in un altro Stato. L'articolo 9 fissa segnatamente le regole relative alle domande di audizione mediante videoconferenza e allo svolgimento delle stesse. L'articolo si applica generalmente alle audizioni di periti e testimoni e, tuttavia, può essere applicato, nel rispetto delle condizioni particolari di cui al paragrafo 8, anche alle audizioni di accusati o imputati.

Una delle principali norme procedurali è che l'audizione mediante videoconferenza non sia contraria ai princìpi fondamentali del diritto dello Stato richiesto (paragrafo 2) e che i diritti procedurali elementari siano garantiti (paragrafo 5). La comparsa personale potrebbe, ad esempio, essere «inopportuna» nei casi in cui il testimone è particolarmente giovane o malato ed essere «impossibile» nei casi in cui il testimone sarebbe esposto a un grave pericolo se comparisse personalmente nello Stato richiedente.
Il paragrafo 5 contiene le prescrizioni che devono essere osservate in un'audizione mediante videoconferenza.

Il paragrafo 6 prevede che l'autorità giudiziaria dello Stato richiesto rediga un verbale dell'audizione mediante videoconferenza e che lo trasmetta allo Stato richiedente.

Il paragrafo 7 dispone che, qualora durante un'audizione mediante videoconferenza una persona si rifiuti di testimoniare o renda una falsa deposizione, lo Stato in cui si trova tale persona deve avere la possibilità di trattarla come sarebbe trattata se fosse comparsa a un'audizione nel quadro di un procedimento nazionale.

Il paragrafo 8 permette alle Parti di ricorrere alla videoconferenza anche per l'audizione di accusati o imputati.

In virtù del paragrafo 9, le Parti contraenti possono, mediante una dichiarazione trasmessa al Segretario generale del Consiglio d'Europa, dichiarare di non ammettere l'audizione mediante videoconferenza di un accusato o imputato.

Art. 10. Audizione mediante conferenza telefonica.

Questo articolo tiene conto del fatto che le audizioni mediante conferenza telefonica rappresentano un'ulteriore possibilità d'impiego dei nuovi mezzi di comunicazione nel quadro dell'assistenza giudiziaria. Tali audizioni possono essere particolarmente utili nei casi in cui, ad esempio, un testimone deve deporre su una domanda di routine.

Oltre ad essere semplici da organizzare e da svolgere, le audizioni mediante conferenza telefonica sono anche economiche. La disposizione si ispira all'articolo 11 della Convenzione. L'articolo 10 si distingue dall'articolo 9 nel senso che le sue disposizioni, contrariamente a quelle che regolano l'audizione mediante videoconferenza, si applicano soltanto all'audizione di testimoni e periti. Inoltre, l'audizione mediante conferenza telefonica è possibile soltanto con il consenso del testimone o del perito interessato (paragrafo 2). Questo tipo di audizione, inoltre, deve essere previsto dal diritto nazionale dello Stato richiedente (paragrafo 1) e non deve essere contrario ai princìpi fondamentali del diritto dello Stato richiesto (paragrafo 3).

Art. 11. Trasmissione spontanea d'informazioni.

Le esperienze fatte con l'applicazione della Convenzione dell'8 novembre 1990, sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca di proventi di reato, hanno dimostrato che nell'ambito della lotta contro la criminalità internazionale lo scambio rapido di informazioni sui reati e sui luoghi del reato è indispensabile.

Con l'articolo 11 lo scambio di informazioni previsto nell'ambito del riciclaggio di denaro sporco diventa una norma di diritto generale applicabile a tutti i tipi di reati.

Esso conferisce alle autorità competenti la possibilità di trasmettere, a determinate condizioni e senza domanda di assistenza giudiziaria preliminare, informazioni raccolte durante una propria indagine che potrebbero interessare un'autorità estera, preposta al perseguimento penale.

Il paragrafo 1 descrive le condizioni alle quali è ammessa la trasmissione spontanea di informazioni, al di fuori di una procedura di assistenza giudiziaria.

Secondo il paragrafo 2, l'uso delle informazioni fornite può essere vincolato a condizioni previste nel diritto nazionale della Parte che le trasmette; in questo caso, il paragrafo 3 prevede l'obbligo da parte dell'autorità destinataria di rispettarle.

Art. 12. Restituzione.

La Convenzione (articolo 3) autorizza la consegna di oggetti unicamente a scopo probatorio.

L'articolo 12 estende tale possibilità ai beni provenienti da reato. In futuro, gli oggetti sequestrati nello Stato richiesto e frutto di reati potranno essere messi a disposizione dello Stato richiedente ai fini della loro restituzione al legittimo proprietario. Il termine «oggetto» deve essere inteso in senso lato. Esso comprende, ad esempio, anche i valori patrimoniali.

Il paragrafo 1 autorizza, ma non obbliga, lo Stato richiesto a dare seguito a una domanda di restituzione.

Art. 13. Trasferimento temporaneo di persone detenute nel territorio della Parte richiesta.

L'articolo 11 della Convenzione e l'articolo 3 del Secondo Protocollo addizionale disciplinano il classico caso di trasferimento di detenuti: una persona è detenuta nello Stato richiesto e deve essere trasferita temporaneamente nello Stato richiedente per partecipare agli atti istruttori.

L'articolo 13 si occupa del caso contrario in cui una persona è detenuta nello Stato richiedente e deve essere trasferita temporaneamente nello Stato richiesto. Nella pratica, questo caso può verificarsi qualora lo Stato richiedente inoltri una domanda di assistenza giudiziaria per la cui esecuzione, per ragioni inerenti al diritto procedurale, è necessaria la presenza, nel territorio dello Stato richiesto, di una persona detenuta nel territorio dello Stato richiedente.

Secondo il paragrafo 1, il trasferimento della persona detenuta presuppone un accordo tra le autorità competenti dello Stato richiesto e dello Stato richiedente.

Il paragrafo 3 tiene conto del fatto che uno Stato può richiedere il consenso della persona da trasferire.

Art. 14. Comparsa personale delle persone condannate e trasferite.

Applicando la Convenzione del Consiglio d'Europa del 21 marzo 1983 sul trasferimento delle persone condannate, è emerso che quest'ultima non contiene alcuna disposizione che disciplini il caso in cui, mentre una persona condannata sconta nel proprio Paese d'origine la pena pronunciata all'estero, nel Paese che ha pronunciato la condanna si apre un processo di revisione della sentenza per il quale è richiesta la comparsa personale della persona interessata.

L'articolo 14 mira a colmare tale lacuna. Esso prevede che le disposizioni degli articoli 11 e 12 della Convenzione relativi al trasferimento temporaneo e all'immunità si applichino per analogia alla comparsa personale delle persone condannate e trasferite nel territorio della Parte che ha pronunciato la condanna, ai fini di revisione della sentenza.

Art. 15. Lingua degli atti procedurali e delle decisioni giudiziarie da trasmettere.

La regolamentazione prevista dall'articolo 15 vale per tutte le domande e forme di notificazione (paragrafo 1). Essa deve altresì essere intesa in relazione alla consegna a mezzo posta (articolo 16). Il principio è che i documenti (atti procedurali, decisioni giudiziarie, eccetera) sono sempre notificati in lingua originale (paragrafo 2).

A tale principio sono concesse deroghe nei due casi seguenti:

se l'autorità che ha redatto il documento ha ragione di credere che il destinatario conosca soltanto un'altra lingua, essa deve tradurre il documento, o per lo meno i passaggi più importanti, in quest'altra lingua (paragrafo 3);

se la notifica è effettuata per il tramite delle autorità dello Stato richiesto, l'autorità che è all'origine del documento lo correderà di una breve informazione sul suo contenuto nella lingua o in una delle lingue dello Stato richiesto (paragrafo 4).

Tale regolamentazione vale soltanto per i documenti allegati alla domanda (atti procedurali, decisioni giudiziarie).

Art. 16. Notifica a mezzo posta.

Questo articolo ha lo scopo di semplificare la notifica di atti procedurali e di decisioni giudiziarie a destinatari che si trovano in un altro Paese. La regolamentazione mira quindi a evitare che le autorità di assistenza giudiziaria debbano occuparsi di questioni di minore importanza (ad esempio notifica di multe per divieto di sosta o decisioni di multa per eccesso di velocità).

Il paragrafo 1 conferisce alle autorità giudiziarie competenti delle Parti contraenti la possibilità di spedire a mezzo posta direttamente al destinatario gli atti procedurali e le decisioni giudiziarie in relazione a un reato.

I paragrafi da 2 a 4 riguardano la protezione giuridica del destinatario. Questa regolamentazione si basa sulla Convenzione (articolo 5).

Art. 17. Osservazione transfrontaliera.

Questo articolo riprende quasi interamente l'articolo 40 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, estendendone, tuttavia, il campo d'applicazione alle persone nei confronti delle quali ci sono seri motivi di credere che possano portare all'identificazione o alla localizzazione di una persona ricercata (paragrafo 1).

Inoltre, sono stati aggiunti alla lista dei reati il traffico di stranieri e l'abuso sessuali di fanciulli (paragrafo 6).

Per «osservazione» s'intende l'osservazione segreta di una persona da parte di un'autorità di polizia durante un periodo prolungato, senza che sia previsto un contatto tra la persona osservata e gli agenti che la osservano.

L'osservazione di cui al paragrafo 2 è tuttavia ammessa soltanto per determinati reati.

Il paragrafo 3 fissa le condizioni generali che devono essere soddisfatte per permettere un'osservazione transfrontaliera.

Art. 18. Consegna sorvegliata.

Questo articolo si basa sull'articolo 12 della Convenzione. La disposizione si applica, ad esempio, se, con l'accordo degli Stati contraenti interessati, la spedizione illecita è stata intercettata e autorizzata a proseguire il suo percorso verso un altro Stato con il contenuto intatto oppure dopo sottrazione o sostituzione parziale o integrale del suo contenuto. In virtù del paragrafo 1, ogni Parte contraente s'impegna a garantire che, su richiesta di un'altra Parte, possano essere autorizzate consegne sorvegliate nel suo territorio, nel quadro di indagini penali relative a reati che possono dare luogo a estradizione.

Tale disposizione non obbliga, tuttavia, uno Stato ad approvare una consegna sorvegliata. La decisione di accettare o rifiutare la domanda spetta alla Parte richiesta.

Le modalità pratiche da seguire per le consegne sorvegliate richiedono una consultazione e una stretta cooperazione tra i servizi e le autorità competenti degli Stati contraenti interessati. Il paragrafo 3 precisa che tali consegne sono effettuate conformemente alle procedure previste dalla Parte richiesta.

Art. 19. Operazioni di infiltrazione.

Questo articolo riprende quasi interamente la disciplina dell'articolo 14 della Convenzione. Lo Stato richiesto ha quindi la possibilità di rifiutare una domanda. Il diritto dello Stato richiesto è determinante per l'autorizzazione e la conduzione dell'operazione di infiltrazione.

Tale articolo concerne soltanto le indagini penali condotte da agenti che intervengono segretamente o sotto falsa identità (agenti infiltrati).

Il paragrafo 1, formulato in modo flessibile, precisa che sia lo Stato richiedente sia lo Stato richiesto devono approvare l'intervento nel caso specifico di un agente infiltrato.

Art. 20. Squadre investigative comuni.

La disposizione in commento s'ispira all'articolo 13 della Convenzione ma il campo d'applicazione è esteso ai membri distaccati della squadra (paragrafo 3).

Il paragrafo 1 contiene le norme di base per la costituzione di una squadra investigativa comune. La costituzione di una squadra comune deve quindi sempre basarsi su una domanda di assistenza giudiziaria, che può essere presentata da qualsiasi Parte interessata.

Non è stato fissato alcun limite per il numero di Stati che vi possono partecipare. L'intervento della squadra comune si limita a un obiettivo preciso, che consiste nello svolgere indagini penali in uno o più Stati contraenti interessati.

Inoltre, l'accordo sulla costituzione della squadra comune indica la durata dell'intervento, che può tuttavia essere prolungata se gli Stati contraenti vi consentono. Concluso l'accordo relativo alla costituzione di una squadra, la squadra in questione è costituita nello Stato in cui sarà svolta la maggior parte dell'indagine.

Art. 21. Responsabilità penale riguardo ai funzionari.

Questo articolo poggia sull'articolo 15 della Convenzione. Esso prevede che i funzionari di uno Stato diverso dallo Stato in cui si svolge l'operazione siano equiparati ai funzionari di quest'ultimo per quanto riguarda i reati che dovessero subire o commettere, a meno che non sia stato convenuto altrimenti tra gli Stati interessati.

Art. 22. Responsabilità civile riguardo ai funzionari.

Questo articolo riprende l'articolo 16 della Convenzione. Il suo scopo è di disciplinare le pretese di diritto civile che potrebbero derivare dalle missioni effettuate da funzionari di uno Stato contraente nel territorio di un altro Stato contraente, nel quadro delle disposizioni sull'osservazione transfrontaliera, la consegna sorvegliata, le operazioni di infiltrazione o le squadre investigative comuni. A meno che le Parti non abbiano convenuto altrimenti, vale il principio secondo cui uno Stato contraente è responsabile di tutti i danni causati dai suoi funzionari nell'adempimento della missione in questione.

Tuttavia, lo Stato contraente nel cui territorio sono stati causati i danni deve provvedere dapprima alla riparazione di tali danni come se fossero stati causati dai propri funzionari. In un caso simile, l'altro Stato deve rimborsare integralmente tutte le indennità versate alle vittime o ai loro aventi diritto.

Art. 23. Protezione dei testimoni.

Questa disposizione permette a uno Stato di richiedere misure di protezione particolari per una persona esposta a intimidazione – o che rischia di esserlo – nel quadro di un procedimento penale. Le autorità competenti dello Stato richiedente e dello Stato richiesto devono convenire misure tese a proteggere la persona interessata, qualora quest'ultima rischi di essere esposta a minacce o necessiti di protezione.

Art. 24. Misure provvisionali.

In virtù di tale articolo, la Parte richiesta può, su domanda della Parte richiedente, ordinare misure provvisionali al fine di preservare i mezzi probatori, di mantenere una situazione esistente oppure di proteggere interessi giuridici minacciati (ad esempio il blocco di un conto bancario). La Parte richiesta può consentire alla domanda parzialmente o ponendo condizioni.

Secondo il paragrafo 1, le misure provvisionali ordinate devono essere conformi al diritto nazionale dello Stato richiesto.

Art. 25. Confidenzialità.

Si prevede che la Parte richiedente possa domandare a quella richiesta di garantire la confidenzialità della domanda e del suo contenuto, purché ciò sia compatibile con l'esecuzione della domanda.

Art. 26. Protezione dei dati.

Visto che il Secondo Protocollo addizionale prevede una serie di misure di polizia, è stata accordata particolare attenzione alla disciplina delle questioni di protezione dei dati.

L'articolo 26 si applica ai dati personali trasmessi sulla base della Convenzione o di uno dei suoi Protocolli. L'espressione «dati a carattere personale» va intesa nel senso conferitole dalla Convenzione del 28 gennaio 1981 per la protezione delle persone in relazione all'elaborazione automatica dei dati a carattere personale.

Articoli da 27 a 35.

In questi articoli il Secondo Protocollo addizionale contiene le consuete disposizioni finali relative alla designazione delle autorità, ai rapporti del Protocollo con altri trattati, alla composizione amichevole, alla firma e all'entrata in vigore, all'adesione, all'applicazione territoriale, alle riserve, alla denuncia e alle notificazioni.

Disegno di legge di ratifica.

Gli articoli 1 e 2 riguardano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione.

L'articolo 3 disciplina le dichiarazioni e le riserve.

Con riguardo, in particolare, alle possibili dichiarazioni e riserve, contemplate dall'articolo 33, paragrafo 2, del Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale, si osserva quanto segue:

gli articoli 18, 19 e 20 del Protocollo ricalcano analoghe disposizioni della Convenzione, a cui il decreto legislativo 5 aprile 2017, n. 52, ha dato attuazione, in particolare con gli articoli 16 e 18; si ritiene, pertanto, opportuno che il disegno di legge di ratifica del Protocollo in esame rinvii alla disciplina dettata dal citato decreto legislativo n. 52 del 2017 (articoli 16 e 18 del decreto), non ravvisandosi, di conseguenza, la necessità di apporre riserve agli articoli 18, 19 e 20 del Protocollo;
non si ravvisano, inoltre, elementi a sostegno di una riserva agli articoli 16 e 17 del Protocollo, che non pongono problemi di coordinamento con norme interne.

In merito alle dichiarazioni e alle riserve, disciplinate dall'articolo 17, paragrafi 2 e 3, del Terzo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione, si osserva quanto segue:

gli Stati possono dichiarare inapplicabile, in tutto o in parte, l'articolo 2, paragrafo 1, del Protocollo e richiedere, pertanto, in tutti o in singoli casi di procedura semplificata, la presentazione di una domanda formale di estradizione; evidenti ragioni di semplificazione e di accelerazione del procedimento sembrano sconsigliare la presentazione di siffatta dichiarazione, resa ad oggi solo dalla Lituania; in ogni caso, se le informazioni fornite dallo Stato richiedente non fossero sufficienti per potersi pronunciare sull'estradizione, la Parte richiesta potrà sempre chiedere informazioni supplementari, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2;
con riguardo all'articolo 4, paragrafo 5, del Terzo Protocollo, si consideri che l'articolo 703 del codice di procedura penale consente la rinuncia dell'interessato al principio di specialità, ma dispone l'irrevocabilità della suddetta rinuncia alle condizioni di cui all'articolo 717, comma 2-bis, del medesimo codice; l'articolo 3 del disegno di legge prevede, pertanto, che sia resa una dichiarazione in merito al suddetto articolo 4, paragrafo 5, del Terzo Protocollo che assicuri il coordinamento con le citate disposizioni codicistiche, riproducendone nella sostanza il contenuto;
in merito alla possibilità di una dichiarazione secondo l'articolo 5, lettera b), del Terzo Protocollo, si suggerisce di rendere una dichiarazione del seguente tenore: «La regola della specialità secondo l'articolo 14 della Convenzione non si applica soltanto se l'individuo perseguito rinuncia espressamente alla sua applicazione». Altri Stati Parte (ad esempio la Svizzera) hanno presentato un'analoga dichiarazione, che sembra coerente con l'impostazione contenuta nel citato decreto legislativo di riforma del libro XI del codice di procedura penale.

In ordine, infine, al Quarto Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione e alle dichiarazioni e riserve, disciplinate dall'articolo 13, paragrafo 3, del Protocollo suddetto, si osserva quanto segue:
una riserva all'articolo 10, paragrafo 2, della Convenzione, come modificato dal Quarto Protocollo, consente al nostro Paese di far valere le proprie norme interne in materia di prescrizione del reato e della pena nelle procedure passive di estradizione; il disegno di legge, pertanto, prevede che sia apposta tale riserva;
con riguardo alla riserva prevista dall'articolo 21, paragrafo 5, della Convenzione (Transito), appare opportuno, in coerenza con la previsione di consentire il transito «a taluna» delle condizioni per l'estradizione, fare salva la previsione del comma 1-bis dell'articolo 697 del codice di procedura penale (introdotto dal decreto legislativo 3 ottobre 2017, n. 149) in materia di poteri del Ministro della giustizia posti a salvaguardia della sovranità, della sicurezza o di altri interessi essenziali dello Stato, nonché ritagliare un'area di riserva con riguardo alle condizioni indicate dall'articolo 698 del medesimo codice in materia di rischio che il soggetto in transito possa essere esposto a trattamenti inumani, degradanti o comunque ad atti che violino uno dei diritti fondamentali della persona ovvero che sia punito nel Paese di destinazione con la pena di morte;
non si ravvisano, per contro, elementi a sostegno di una riserva ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, del Protocollo, al fine di tutelare evidenti ragioni di snellezza e semplificazione della procedura.

L'articolo 4, comma 1, del disegno di legge prevede che le consegne sorvegliate, le operazioni di infiltrazione e la costituzione di squadre investigative comuni, nell'ambito dei rapporti di cooperazione disciplinati dal Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, siano regolate dal citato decreto legislativo n. 52 del 2017, di attuazione della Convenzione. Si fa, pertanto, rinvio alla disciplina dettata dagli articoli 16 e 18 del citato decreto.

L'articolo 5 del disegno di legge reca la copertura finanziaria. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

L'articolo 6 disciplina, infine, l'entrata in vigore del disegno di legge.